Carne ammassata su legni
insicuri
Membra di donne e di uomini
Nella disperazione accomunati
Giovani o vecchi tutti
dannati.
Fuggono dall’inferno di aridi
deserti
Scappano da guerre o da terre
ferite
Rigate di sangue di corpi
ammucchiati
Di lacrime amare di bimbi
piangenti.
nella notte più buia
illuminata sol dal chiaror della luna
cercano salvezza non certo
fortuna
strazianti i pianti per i
loro cari
inabissatisi nei fondali dei nostri mari.
Umili servi del terzo
millennio
incatenati a ceppi di legno
che remano con la forza dei
sogni
verso l’illusione che invece
è averno
Schiavi attuali d'un mondo
d'affari
gridano rauchi il nome dei cari
ora sereni adagiati dormienti
sui rocciosi fondali dei
nostri mari.
Gabbie d’acciaio son le
dimore
freddi getti di idranti
feriscono il cuore
lì fra le mura di vere
prigioni
dove il cielo è nero come il
loro pensiero.
Nazione incivile, giochi
perversi
creano un movimento di
morti diversi
fantasmi viventi che piangon
le genti
coloro che sono per sempre
spariti
divorati da pescecani e umani
serpenti.
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