giovedì 28 agosto 2014

GUARDAMI UOMO




Abbi il coraggio di guadarmi negli occhi
fissa il profondo delle pupille,
leggi cosa ti dice il mio cuore.

Cosa vedi straniero, viandante distratto,
cosa leggi sul mio volto contratto,
che parole son scritte fra queste mie righe
nella profondità delle cicatrici del tempo
 chiamate superficialmente anche rughe?

Fissami, ti chiedo implorante, nelle lenti del cuore,
guarda senza rimorso il mio corpo storpiato,
un blocco di carne dall’artrosi anchilosato.

Capelli bisunti, pettinati dal vento,
un volto lavato da gocce di pioggia,
mentre tu usi saponi costosi sotto la doccia
che per me è solo acqua piovana,
asciugata dal vento di tramontana.

Osserva oh uomo, non vedi come sono elegante?
solo di lerci stracci strappati sono vestito,
le mie scarpe di cartone sono formate
pezze di stoffa attorcigliate e con spago legate.

Avvolte attorno a dita annerite
dalla polvere di strade assolate  percorse
in compagnia del mio solo sorriso
di denti cariati o mancanti formato.

Su abbi il coraggio di non girare il tuo volto
fissa almeno un punto della mia fronte
non abbassare le palpebre 
non accelerare o allungare il tuo passo
che di rimorso e vergogna è già traballante.

Cammini in silenzio in modo inquietante
sfiori il terreno per non farti sentire
 il camminar tuo
 è come il rumore di un sasso

Vedi per te in apparenza non sono felice

Sono contento perché il cielo è il mio tetto,
sereno perché la dura terra è il mio letto,
tranquillo perché di cibo ne ho anche tanto,
è quello che vedi nel mio unico guanto.

Un pezzo di pane annerito,
un frutto trovato già ammuffito,
una ciotola ripiena d’acqua piovana
e per coperta una vecchia sottana.

Mi lavo nell’acqua gorgogliante del fiume
non cerco fissa dimora,
cammino trainando il mio piccolo avere,
non posseggo piatti d’argento,
non mi serve né colf né cameriere.

Sai la mia coscienza è da tempo pulita,
la libertà di pensiero è il mio unico scopo di vita
non sai sciocco cosa c’è nella mia mente,
non saprai mai se c’è molto, oppure niente.

© by Mario Italo Fucile





lunedì 25 agosto 2014

LA SPOSA IN BIANCO


 


Non v’era alcuna discordanza   
Fra il color  del tuo sorriso
specchio che la felicità del cuore  rifletteva,
Il bouquet di merletto o i guanti attillati
e il vestito di lucido raso.

Tutto era d’un disarmante candore,
angelico colore dell’anima,
del pudore di giovane donna
che correva  gioiosa verso l’amore.

Il velo cadeva lungo le spalle
ricoprendo sol parzialmente
 la schiena tua vellutata
dolce vallata incantata.

Apriva un varco fra i petali di rosa
Sparsi sul suolo di pietra rigata
di lacrime di somma letizia
ma anche di pianto e mestizia
di tutti coloro che ti avevano amata

Un padre affranto,
 col volto allegro sol in apparenza,
falsa maschera di convenienza
mentre in realtà soffocava il suo pianto.

Petali di fiore in tiepida serra coltivati
anch’essi da gocce di  speranza lavati
biancheggianti  conchiglie di seta
con  inebrianti profumi ,
riempivano
ogni spazio di quella minuscola chiesa.

Profumo di gioia
un giorno per tutti speciale
Il sole ridente rompeva la noia
C’era festa nel piccolo borgo
La gente rideva danzando,
si deliziava mangiando

Ma un dubbio profondo
squarciava il petto del povero uomo
sapeva che lo sposo non era un galantuomo,
che la figlia avrebbe sofferto,
che il nuovo sentimento sarebbe stato diverso.

Lasciava scivolare dalle sue mani per sempre quel fiore
La sua piccola bambina
Il suo minuscolo grandissimo amore.

Lo affidava ad uno sconosciuto di cui s’era invaghita
Il padre aveva capito
che si sarebbe, per l’esistenza pentita.

Diede un bacio sulla rosea guancia
Di quella bellissima figlia
Unico angelo della famiglia
Aspettò pazientemente che si allontanasse,
si girò , appoggiò la fronte ad una colonna
rilasciò dell’addome i muscoli contratti
consentì che nel petto suo e il cuor,
ad uno struggente pianto si abbandonasse.


©  by Mario Italo Fucile




venerdì 22 agosto 2014

LA BALLERINA






LA BALLERINA

Fissi son gli occhi miei
su quell’esile figura danzante.
Incantevole essenza d’amor e di grazia,
nell’aria, leggera come piuma, volteggia.

Sentimenti da aggraziate movenze di corpo trasmessi,
assieme di gesti incantati
dal ritmo del cuor tuo, volutamente modificati.

Melodiche frequenze d’amore nell’aria diffuse,
suoni serafici,
 da connubio di corpo e d’ anima rigenerati.

Struggente desiderio di carpire
attraverso il mio sguardo
dalla tua bellezza ipnotizzato,
 il desiderio di te, del tuo corpo, del nostro gioire.

E’ bastato quell’attimo, frazione di un nulla
in cui gli sguardi nostri si son incrociati.

Una scintilla, un colpo improvviso
d’un impercettibile battito d’ali
e i nostri corpi si sono baciati.

I fianchi tuoi si muovevan sinuosi,
sollecitando gradevolmente i miei centri nervosi,
le esili braccia s’elevavano al ciel imploranti
i seni eran boccioli in fiore, ma d’ardor generosi,
brillavan i tuoi occhi come diamanti.

Viso lucente, faccia di donna dal sole baciata
bocca carnosa da matita sapientemente segnata
uno strato di rossetto color del rubino
accarezzava le tue morbide labbra
fra cui s’apriva un perlaceo ventaglio
candido dono d’un sorriso divino.

Implicito radioso velato segnale
 ad abbracciar con reverente rispetto
il corpo tuo, stupendo e perfetto.

Non temer amor mio, sei già nel mio cuore,
ti porterò nel camerino un mazzo di splendide rose.
Ma basterebbe un unico fiore.
Odoreranno delle nostre stupende emozioni,
mentre faremo all’amor fra mille festose effusioni.


© Mario Italo Fucile

mercoledì 20 agosto 2014

ROSSORE DI LUNA




Oh luna che con il tuo acerbo candore
di vergine pianeta,
con la tua luce diffusa,
vergognosa e arrossendo, illumini

Forme aggraziate di giovani amanti
avvinghiati come naufraghi
alla scialuppa dell’Eros più silenzioso
del frinire delle cicale.

Alla deriva

Fra i fili di verdeggiante natura,
verde mare mosso dalla brezza
che sfiora e asciuga d’amor ogni goccia.

Perle di luccicante sudore,
liquido benedetto,
 distribuito come nettare divino
sulla pelle accalorata e fremente
dalla mano sapiente  del firmamento.

Si Luna il sole s’è eclissato.
Troppo forte la sua luce,
Troppo intensa e sfacciata.

Solo tu sei degna di vegliare
Con paziente discrezione
su un atto di sì grande devozione,
inno al volere di chi ci ha creato.

Luna che come sfera d’elio rigonfia
 galleggi nell’aria,
trattenuta da un filo invisibile
che appare solo agli occhi di chi ama.

Bambini innocenti che giocano
Con i loro corpi da desiderio scolpiti,
puri nel cuore e nell’anima.

Boccia di limpido cristallo
Indistruttibile nel tempo
Inavvicinabile eppur a noi sì vicina

Sei Venere Vestita di luce,
Sei Afrodite che accende ardore,
degli innamorati sei la Dea
cinta da una corolla di fiori
luci nel cielo notturno vaganti.

Stelle

Ancelle che spalmano sul tuo corpo
balsamo di tenerezza odoroso
e finissima cipria per coprir
il tuo appariscente rossore.

©  by Mario Italo Fucile


martedì 19 agosto 2014

VULCANO





Lava incandescente scivola irrispettosa
nelle tranquille acque marine
Il calore da essa emanato si fonde,
sprigiona vapore,
verso il cielo sale e genera nuvole.
  
Batuffoli rosei di perdizione che si trasforma in amore.

Spiaggia una volta biancheggiante
 di luminose trapezoidali forme  composta,
luccicante distesa  diamantifera,
 ai raggi del sole nella loro nudità esposta,
or ricoperta lascivamente da lava infuocata
che tutto avvolge in un caloroso abbraccio mortale.

Si disperde silenziosa fra i flutti
 che si surriscaldano di dimenticata passione,
onde sconvolte da un sentimento
nell’oblio dei ricordi abbandonato

Fuoco d’ardore da tempo remoto
nel cuore seppellito da pietre d’ argilla,
semisfera di un forno, da nuova linfa
di legna, mai più alimentato.

Bocche che vomitano lapilli incandescenti,
stelle filanti che ricoprono
ignudi corpi di giovani e vecchi amanti,
come manti di fuoco infernali,
mummificandoli, bruciando l’anima loro
con il fuoco della passione
in antichi calchi di gesso bloccata,
in pose d’erotismo sensuale fotografate
e lascive gesta di generoso amplesso
 immortalata.

Pose di sensualità permanente in teche di vetro riposte,
in case che sono musei dell’amore dimenticato.

Gessi che hanno bisogno che qualcuno li trovi,
li faccia rivivere, li ritrasformi.

Che l’acqua marina li accarezzi
donando un alito di vita e speranza
trascinandoli lontano fra i flutti,
per rivivere nella profondità dei mari
fra anemoni  di variopinti colori,
come i bronzi di Riace, nuove forme
di mutato ed eterno amore.



By Mario Italo Fucile