Abbi il coraggio di guadarmi
negli occhi
fissa il profondo delle
pupille,
leggi cosa ti dice il mio
cuore.
Cosa vedi straniero, viandante
distratto,
cosa leggi sul mio volto contratto,
che parole son scritte fra queste
mie righe
nella profondità delle
cicatrici del tempo
chiamate superficialmente anche rughe?
Fissami, ti chiedo
implorante, nelle lenti del cuore,
guarda senza rimorso il mio
corpo storpiato,
un blocco di carne
dall’artrosi anchilosato.
Capelli bisunti, pettinati
dal vento,
un volto lavato da gocce di
pioggia,
mentre tu usi saponi costosi
sotto la doccia
che per me è solo acqua
piovana,
asciugata dal vento di
tramontana.
Osserva oh uomo, non vedi
come sono elegante?
solo di lerci stracci
strappati sono vestito,
le mie scarpe di cartone sono
formate
pezze di stoffa attorcigliate e con spago legate.
Avvolte attorno a dita
annerite
dalla polvere di strade
assolate percorse
in compagnia del mio solo sorriso
di denti cariati o mancanti formato.
Su abbi il coraggio di non
girare il tuo volto
fissa almeno un punto della
mia fronte
non abbassare le palpebre
non accelerare o allungare il
tuo passo
che di rimorso e vergogna è già
traballante.
Cammini in silenzio in modo
inquietante
sfiori il terreno per non
farti sentire
il camminar tuo
è come il rumore di un sasso
Vedi per te in apparenza non
sono felice
Sono contento perché il cielo
è il mio tetto,
sereno perché la dura terra è
il mio letto,
tranquillo perché di cibo ne
ho anche tanto,
è quello che vedi nel mio
unico guanto.
Un pezzo di pane annerito,
un frutto trovato già ammuffito,
una ciotola ripiena d’acqua
piovana
e per coperta una vecchia
sottana.
Mi lavo nell’acqua gorgogliante
del fiume
non cerco fissa dimora,
cammino trainando il mio piccolo
avere,
non posseggo piatti d’argento,
non mi serve né colf né cameriere.
Sai la mia coscienza è da
tempo pulita,
la libertà di pensiero è il mio unico scopo di vita
non sai sciocco cosa c’è
nella mia mente,
non saprai mai se c’è molto, oppure niente.
© by Mario Italo Fucile
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