Dall’alto come stelle filanti
nell’oscurità della notte,
Lampi d’innaturali svariati
colori incandescenti,
Tracciavano il cielo,
traforando le nuvole ai rumori assuefatte.
Gli astri per timore avevano lasciato
il firmamento, ora del tutto evanescenti.
Lasciando che la luna
illuminasse di riflesso quel campo distrutto,
dall’uomo e da innumerevoli
profondi e larghissimi solchi, abusato.
La luna illuminava con la
flebile sua luce un immenso macello,
corpi di giovani dal viso acerbo
di lurida melma di già ricoperti.
macchie di sangue, laceranti
ferite, erano i loro dolorosi tormenti
la figura della gelida morte, l’ultimo
grande fardello.
Dolorose lacerazioni smembravano
corpi e strappavano arti
Ponendoli nelle maniere più innaturali e spargendoli
in più parti.
Per materasso la cruda terra, i sassi del
Piave o dell’Adamello
Nel cielo, solo rombi tuoni e
sibili acuti, grida strazianti, irreali
Si disperdevano rimbombando
nel cuore e nel loro cervello.
Dalle bocche, flebili suoni
pronunciavano un solo nome di vocali.
e consonanti diverse, che componevano una
grande Parola
il cui nome tutti conoscono dolcissimo insieme
di lettere : “ AMORE “
Che fosse quel nome, Mamma o
Rosa ma anche. Giovanna.
O quello di un Santo,
provenivano tutti da un grosso bisogno,
Quello di ripoter rivedere la
loro tanto bramata compagna.
Le unghie e le dita si
aggrappavano alla terra in un ultimo sogno.
Morire per loro non era più
un gran male
Anni in trincea avevano contorto ogni loro logica mentale.
Dita leggere accarezzarono di
un militare la fronte sudata.
Una mano afferrò con dolcezza
quell’arto nel terreno anchilosato.
Lo appoggiò al suo cuore di
donna, come se fosse quel dell’amata
Quello della ragazza,
lasciata in un paese lontano, di cui si era invaghito.
Gli occhi dell’uomo avvolto
in quella verdastra divisa così lacerata
fissò questo viso, a lui con i
contorni indecisi, e tanto annebbiato.
La Crocerossina poggiò con dolcezza
le sue stupende tenere labbra.
Su quelle asciutte di un
piccolo sfortunato eroe chiamato soldato.
Un ultimo sguardo felice a
quell’angelo e il suo corpo diventò inanimato.
®© Mario Italo Fucile
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