giovedì 24 aprile 2014

LEGNI DI ABETE INTRECCIATI











Manufatti di faggio evaporato o al sole essiccato
Cesti capienti di un colore bruno o anche dorato
 Sono il risultato della fronte e del sudore di lacrime amare,
 Di sforzi di pianti ma anche di risate nel freddo di un inverno
Fra i boschi  ad accudire le bestie o pascolare

Sono oggetti che parlano, che provengono da alti fusti di pino o di abete.
Da giunchi strappati agli argini di profondi ghiaiosi ruscelli.

Sapientemente curvati, intrecciati e  per sempre avvinghiati e contenti
Non dal movimento di mani esperte con veloci precisi movimenti
Ma più che altro da un grande amore per la famiglia,
e dal ricordo dell’unica ancora adolescente sua figlia.

La speranza d’aver da coloro cui i manufatti sono proposti,
un po’ di umile e concreta riconoscenza.
E’ un oggetto di certo utile fatto con cura e estrema decenza.
Su di un ligneo carretto di legno son trasportati per diverse città e poi proposti.

Non tutti capiscono però che quegli intrecci di vimine rinsecchito.
O che quegli oggetti di giornaliero uso, sono nati da più sentimenti.
Amore per il proprio lavoro, per la famiglia per colui che lo ha acquisito
Dalla cui fattezza e semplicità ne è rimasto altamente allibito.

 Sono cesti pieni d’amore di gente comune, povera, semplice e perciò stupenda.
Che la natura dagli spessi scarponi fra i monti verdeggianti ha calpestata,
Ma che sa che sarà dai fiori, dall’erba e dalle piante senza farne ammenda.
Senza indugio alcuno per tutta la vita perdonata.

®© Mario Italo Fucile

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