Quanti anni sono passati
invano,
l’acqua del fiume è scivolata
lenta
Sotto il ponte dalla cui
spalletta mi affacciavo.
Un giovane bambino dai biondi
capelli, sorridente
Una bicicletta per mano, e
nello stomaco niente
Un vecchio pezzo di ferro
arrugginito
Con due ruote e un semplice manubrio
Anch’esso ossidato.
L’appoggiavo ad un lampione con
la base lavorata
La luce della notte si era da
tanto consumata
I raggi del sole baciavano le
acque irriverenti,
Quelle di un fiume ancora
sonnolento
Nonostante la luce dell'astro
l'accompagnasse con raggi irridenti.
Caparbio e prepotente, il suo
abbagliamento.
Correvano le acque a valle senza un cenno
di saluto.
Proseguivano fra gli argini veloci
e Indifferenti.
Formavano come dee danzanti
nel verde più assoluto,
Disegni arabescati,
fluttuanti vortici e perniciose correnti.
Guardavo estasiato, quell’argenteo
specchio.
Lo ricordo ancora, come se fosse ora, anche se son vecchio.
Saltavano fuor d’acqua
danzando i luccicanti pesci.
Trote, carpe, tinche, animali
acquatici alle volte
giganteschi.
Ora quel fiume è arido come
lo è il mio cuore.
Non c’è più l’argentea acqua
che da monte a valle,
cercava amore.
Morosi felici non si baciano
più all’ombra di un calle.
E’ rimasta solo una traccia
di fango oramai rinsecchito.
Nessuna forma animale
acquatico mi ha più divertito.
Solo liquami percorrono
quell’arido fiume
È rimasto pure il lampione
anche lui arrugginito.
E le sponde, un dì
verdeggianti, ora invece son diventate brune.
®© Mario Italo Fucile
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