Sono nato in un paese fra i
monti
Alla sera gustavo dal fienile
i rosei tramonti
Comparivano fra le rocce di bianco calcaree
Rocce dalle strane forme
appuntite lontane dal mare.
M’incamminavo con stracciati
indumenti
Fra i verdeggianti prati e
svariati elementi
Percorrevo sentieri in salita
Senza mai sentir alcuna
fatica
Attraversavo ruscelli limpidi
e non inquinati.
Dove le donne vestite di nero
i panni avevano lavati.
I ciottoli piatti, levigati
nel tempo dal fiume.
Erano i giochi dall'ora, per
tutti i ragazzi in costume.
I calzoni di panno alla zuava
Scarponi di cuoio qualcuno
calzava
Ma perlopiù ciabatte di panno
con la suola di gomma
Era ciò che la madre in casa
cuciva, con tempo e pazienza.
Seduta su una misera panca di
legno sollevando da terra.
Per non sporcare l’orlo della
sua fiorita gonna.
Ricordo, rincorrevo felice e
illuso un gran sogno
Là sulla vetta vi era un
fiore magnifico di cui avevo bisogno.
Era una stella stupenda e
vellutata
Una pianta da tutti i montanari molto
amata
Le strade di notte erano
illuminate
Ma non da lampioni o da lampade o lumi,
era la luna
E le stelle che le rendevano lucide, brillanti, come incantate.
Correvo fra i prati e gli
arbusti fra le elevate piante.
Abeti, larici e pini camminavo veloce e pimpante
col passo spedito e alle volte abbracciandone una.
col passo spedito e alle volte abbracciandone una.
Il profumo d’innumerevoli fiori
colorati
Ammiccavano al sole incantati
Ma cercavo il sole più bello
il più difficile da afferrare.
Per raccoglierlo, l’alta
difficoltosa montagna, dovevo scalare.
Mi arrampicavo sulle rocce
segnate dal tempo.
Mi aggrappavo disperato a
ogni spuntone contento.
Sembrava sempre che fossi arrivato
E che quel vellutato fiore
avessi trovato.
Ma sempre una valanga di
secco terriccio misto
a pezzi di pietra, mi
rigettava indietro verso valle
e sempre a me stesso dicevo “
no io non desisto”
Sulle taglienti rocce mi
afferravo salendo verso l’alto.
Dal cielo osservavo le
malghe, i tetti di decrepite stalle.
Le mani sanguinavano come il
mio cuore,
per me quel fiore era tutto
non era una stella , era amore.
E sempre rotolavo in basso da
dove ero partito.
Come se qualcuno
inconsciamente mi avesse avvertito.
Finché nel viso e nel corpo
sudato,
Nel volto negli arti e nella mente da molti
insuccessi ferito
Mi sdrai stanco nell’erba di
muschio profumata.
E da una marea di svariati
colori allagata.
Di colpo mi accorsi cosa
avevo finora perduto.
Un tappeto di fiori, la vista
d’uccelli sui rami appollaiati
La loro danza d’amore
,corteggiamento di piccoli volatili
Dal Creatore da millenni
amati un uso e un atto or decaduto.
Un tocco delicato, lo sentii
sul dorso della mia mano.
Volsi lo sguardo tremante a
una distanza minore di prima.
In quel tempo guardavo sempre troppo
lontano.
Era un piccolo fiore dal
colore di viola, appena coperto di brina.
Profumava d’intenso inebriante piacere
Era un povero piccolo fiore, fra
i tanti nei prati sparpagliati.
Come su una soffice coltre di
verde color, adagiati.
Aspettavano piangenti che il
mio sguardo su di loro si posasse.
Su ciò che i miei occhi fino allora non
hanno voluto vedere.
®© Mario Italo Fucile
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